Carissime sorelle e giovani in formazione,
il “pellegrinaggio” d’Avvento – tempo di sosta e di silenzio, per gustare la “beatitudine” dell’attesa delle «cose più grandi, più profonde, più delicate… secondo la legge divina della germinazione, della crescita e dello sviluppo» – si conclude nel cuore della notte, là dove ci riporta san Luca: «C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge» (Lc 2,8). A un tratto il cielo si apre e il buio si accende. A gente di dubbia reputazione, a uomini dimenticati, esclusi e scomunicati viene data la più bella delle notizie, è annunciato un “vangelo” di gioia: «Oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore». Il timore cede il posto alla gioia annunciata: Dio ha pensato proprio a loro, è nato per loro! Lo stupore si tradurrà più tardi in veglia adorante ai piedi del Bambino.
È successo, e ancora succede: la luce vince le tenebre, il cielo si mescola alla terra. La salvezza è storia, avviene nella storia, perché la storia è il luogo della salvezza. Quell’annuncio, che è Parola di Dio, rende presente oggi il fatto accaduto una volta per tutte. Quell’annuncio ci raggiunge oggi in questa storia, nella nostra storia, e ci rende contemporanei all’evento rivelato. È quanto sottolinea san Leone Magno in un suo discorso sul Natale: «Il nostro Salvatore, carissimi, oggi è nato: rallegriamoci!».
Sì, rallegriamoci, perché il Verbo si è fatto carne e nella carne, nel vissuto della sua vita, ci rivela Dio, ce lo racconta, e ci insegna come vivere la nostra umanità, riconciliandoci con la fragilità, la piccolezza, la provvisorietà. Nel “segno” che l’angelo addita («un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia»: Lc 2,12) è racchiuso il segreto per assumere e vivere lo stesso limite come “luogo” di comunione, di relazione con gli altri e con l’Altro, di misericordia.
Il Figlio di Dio è venuto al mondo come viene al mondo un bimbo, debole e fragile, perché noi possiamo accogliere con tenerezza le nostre fragilità. E scoprire una cosa importante: come a Betlemme, così anche con noi Dio ama fare grandi cose attraverso le nostre povertà. Ha messo tutta la nostra salvezza nella mangiatoia di una stalla e non teme le nostre povertà: lasciamo che la sua misericordia trasformi le nostre miserie! (Papa Francesco).
Rallegriamoci, perché la Parola ha messo la sua tenda in noi, ci abita, ci fa sua parola per benedire, cioè “dire bene” di ogni creatura, per riconoscere quel frammento divino che è in ciascuno, per onorare il mistero racchiuso in ogni esistenza.
Buon Natale e sereno Anno nuovo, carissime, anche a nome delle sorelle del governo generale. Auguri alle vostre famiglie, ai membri della Famiglia Paolina, ai collaboratori laici, agli amici e ai benefattori… E grazie a ognuna di voi per l’amore alla vocazione, la dedizione apostolica, il servizio attento, l’offerta costante.
Con grande affetto, in comunione di gioia e di speranza.
sr Anna Caiazza
superiora generale